Bassa percentuale di parti non dolorosi in
italia:le controversie scientifiche su questo metodo alternativo
L’analgesia epidurale o peridurale è una terapia
anestetica non dolorosa che permette un travaglio indolore per la madre senza
–teoricamente- influenzare il nascituro con sostanze che potrebbero mettere a
rischio la sua salute.
Tuttavia, in Italia
questa pratica è poco utilizzata: secondo le stime ufficiali solo il 3,7% delle
italiane usufruisce di questa pratica (10% secondo le stime non ufficiali più
recenti), in rapporto al 70% della Francia e della Gran Bretagna.
Pensiamo che questo sia
dato non tanto da motivi culturali o religiosi (la Spagna infatti presenta una
percentuale di parti con anestesia epidurale del 60%) o di comunicazione di
massa (dato il numero elevato di articoli giornalistici e forum italiani
sull’argomento), ma perché il dibattito scientifico sull’analgesia epidurale in
Italia non ha ancora trovato un punto di accordo stabile se sia nociva o meno:
da questa incertezza nasce tra le famiglie italiane un effetto di sfiducia
verso la pratica, e preferiscono quindi metodi più tradizionali, quindi già
testati da parenti e amici, per non mettere a rischio la salute della madre e
del neonato.
Ci sembra quindi
necessaria la presenza, sulla scena italiana, di un riepilogo dei risultati
delle differenti ricerche, italiane e internazionali, sugli effetti positivi e
negativi dell’analgesia epidurale, al fine di fornire un punto di
riferimento per le future famiglie in cerca di informazioni su questa pratica
medica. La risoluzione di questa controversia, infatti, si potrà
trovare solo nella conoscenza scientifica stabile, e ci sembra che al momento
questa non sia ancora disponibile in Italia.
L'analgesia epidurale o peridurale è una terapia anestetica loco-regionale; a somministrare l’analgesico è un
medico anestesista, che inserisce un sottile catetere nello
spazio compreso tra due vertebre della zona lombare e lo fissa con un cerotto.
Così, l’anestesista somministra alla partoriente una miscela di farmaci
che bloccano lo stimolo doloroso nella parte inferiore del corpo senza
addormentarla e senza interferire con la forza muscolare. Normalmente
l’analgesia viene rinnovata dal medico, che rifornisce di farmaci il cateterino
ogni volta che l’effetto si esaurisce, su richiesta della partoriente. Il
cateterino viene rimosso circa due ore dopo il parto. Nel caso in cui si debba
fare ricorso a un cesareo non programmato a travaglio già avviato, lo
stesso tubicino viene utilizzato per somministrare alla donna una dose più
forte di anestetico locale e indurre anestesia epidurale. Il cateterino può
essere utilizzato poi per la terapia analgesica in fase post operatoria.
La tecnica di questo tipo di anestesia è utilizzata da più di 60 anni - è nata infatti durante la Seconda Guerra Mondiale -, e nonostante abbia ovviamente subito alcune variazioni nel mix farmacologico, la modalità di somministrazione è rimasta inalterata. Oggi l'epidurale è utilizzata per interventi alle anche, al ginocchio, per le emorroidi, per gli interventi all'addome inferiore, e per i parti.
Non sappiamo precisamente se l'analgesia epidurale sia nociva o meno, ma ciò che è sicuro è che il parto indolore in Italia è guardato con ostilità; dalle questioni culturali ai dilemmi religiosi, molte donne si sentono sotto pressione, dai propri prossimi e dalla società in generale, se decidono di partorire con metodi alternativi.
Le ingiurie verso le partorienti che usufruiscono dell'analgesia epidurale sono numerose: nei forum online e nei blog (dove le persone possono esprimere le proprie opinioni in modo franco e diretto) si può vedere come dall'essere "vigliacche", all'essere "contro natura", si arriva addirittura al non considerare queste donne come "madri al 100%", quasi come se fosse il dolore del parto che formi una madre, una folgorazione sulla via di Damasco.
Sono molte le associazioni femminili, femministe, di ostetriche e di accompagnamento alla gravidanza che propongono il parto naturale, a casa, in acqua; le stesse associazioni che hanno manifestato sotto al Montecitorio nel 2008 quando il Ministro della Sanità Livia Turco propose l'inserimento dell'epidurale nei Livelli Essenziali di Sussistenza per il controllo del dolore nel travaglio e nel parto naturale.
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La particolarità di questo fenomeno è che esso sembra sia squisitamente italiano: secondo l'ISTAT, nel 2001 solo il 3.7% delle donne italiane poté partorire in analgesia, e oggi sembra che la percentuale si aggiri verso il 10%; in Francia e in Inghilterra il 70% delle donne partorisce con l'epidurale, per non parlare del 90% degli Stati Uniti (dove la norma è rovesciata, e dove le donne sono scoraggiate verso la decisione per un parto naturale).
Il parto in analgesia epidurale in Italia è garantito gratuitamente e 24 ore su 24 solo nel 16% degli ospedali, quasi tutti del Nord Italia; la legge 25/2007 parla di "rispetto del diritto di libera scelta della donna sulle modalità e sullo svolgimento del parto, di diritto ad un parto fisiologico che le eviti o le riduca la sofferenza (art. 1)", ma questo diritto ha degli orari d'ufficio: dalle 8:00 alle 20:00.
Le cause di questa particolarità italiana possono sembrare numerose: si portano in gioco di volta in volta motivazioni economiche (nel 2009 il Ministro Maurizio Sacconi si lamentava dell'assenza di fondi per garantire il parto indolore alle strutture pubbliche) o motivazioni culturali-religiose (ovvero la presunta opposizione della Chiesa verso questa pratica medica), ma entrambe si trovano infondate: come spiegare infatti il 60% di parti in analgesia epidurale della Spagna, Paese simile all'Italia in economia e religiosità?
La presenza così immediata della Chiesa sul territorio è anch'essa una particolarità italiana, e spesso si ritiene che, al pari delle altre innovazioni mediche controverse come le cellule staminali, le Sacre Scritture cristiane si oppongano; del resto, è chiaramente espresso nella Genesi "partorirai nel dolore"; eppure, già nel 1956 Pio XII impose una versione più metaforica della condanna divina:
"Nella Genesi (3,16) si legge: <In dolore paries filios>. Per ben comprendere questa parola bisogna considerare la condanna di Dio nel suo contesto. Infliggendo questa punizione ai progenitori e alla loro discendenza, Dio non voleva proibire e non ha proibito agli uomini di ricercare e di utilizzare tutte le ricchezze della creazione (...). Così pure, nel punire Eva, Dio non ha voluto proibire e non ha proibito alla madre di utilizzare i mezzi che rendono il parto più facile e meno doloroso"
Il Papa stesso assolve quindi completamente la pratica analgesica, e anzi promuove la pratica analgesica a "ricchezza della creazione".
Ma quindi, come partoriscono le donne italiane? Sono esse meno colpite dalla paura del parto (tocofobia)? Partoriscono tutte con il parto naturale?
In effetti, no; le donne italiane sono le prime in Europa per taglio cesareo (37,8%), la maggior parte per cesareo elettivo, per potersi sottrarre al dolore. Allora un'ulteriore domanda si impone: non sarebbe questo lo scopo dell'epidurale? Perché essere primi in Europa per tagli cesarei e ultimi in epidurale?
Secondo noi, questo fenomeno ha luogo perché il dibattito scientifico sull'analgesia epidurale in Italia non si è ancora esaurito: ancora non si sa se l'epidurale sia sicura, per la madre e per il neonato: il gran numero di forum, video e testimonianze contraddittorie presenti su internet confermano la confusione, e nonostante tutti prendano a testimonianza studi e "fatti" scientifici, pochi sembrano effettivamente obiettivi.
Le future madri, attente al loro benessere ma ancora di più a quello del loro figlio, prese in mezzo ad opinioni contrastanti, preferiscono non "rischiare", e utilizzano quindi il metodo che le loro madri e amiche hanno già adottato -con un successo, statisticamente, del 99,9997%- piuttosto che rischiare la loro salute e quella della creatura della quale sono responsabili provando un nuovo metodo. *Uno studio su questa "ereditarietà" del metodo di concepimento è yet to be done*
Quello che sappiamo, tuttavia, è che le italiane sono affamate di conoscenza scientifica: abbiamo analizzato quante persone in Francia, Italia e Germania cerchino i rispettivi termini di "analgesia epidurale" nella traduzione più comune (google trends):
Vediamo qui come gli italiani cerchino "anestesia
epidurale" molto di più dei francesi o tedeschi. Da questo dato possiamo
trarre due ipotesi, non mutualmente esclusive: la prima è che gli italiani non
sappiano cosa sia l'epidurale, o che nessuno (parenti, amici, mass media) abbia
dato loro un'idea chiara di cosa questa pratica medica sia, altrimenti non
cercherebbero su internet; la seconda è che l'epidurale sia un "hot
topic" (argomento scottante) costante nel tempo, quindi irrisolto.
In entrambi i casi, ci sembra quindi necessaria la
presenza, sulla scena italiana, di un riepilogo dei risultati delle differenti
ricerche, italiane e internazionali, sugli effetti positivi e negativi
dell’analgesia epidurale, al fine di fornire un punto di riferimento per le future
famiglie in cerca di informazioni su questa pratica medica. La risoluzione di
questa controversia, infatti, si potrà
trovare solo nella conoscenza scientifica stabile, e al momento questa
non è ancora disponibile in Italia.
L'analgesia epidurale presenta numerosi punti positivi:
L’analgesia epidurale abolisce
il dolore, ma preserva la sensibilità della partoriente alle contrazioni (che vengono avvertite come stimoli
non dolorosi), la sua capacità di muoversi e di spingere efficacemente
durante la fase espulsiva del parto. La futura mamma rimane quindi più
rilassata e più disponibile a collaborare attivamente alla nascita.
Si tratta di una tecnica
largamente usata da anni in tutto il mondo, che ha raggiunto livelli di
efficacia e sicurezza molto elevati.
Può essere richiesta in
qualsiasi momento del travaglio, indipendentemente dal grado di dilatazione
cervicale, quindi anche nelle sue fasi iniziali.
Può essere mantenuta anche
nella fase espulsiva, quando l’impegno della donna e l’intensità del
dolore sono maggiori.
La presenza del cateterino
sulla schiena non limita in alcun modo i movimenti della partoriente e non le impedisce di assumere
la posizione che preferisce.
I farmaci somministrati attraverso l’epidurale
non raggiungono il nascituro e sono perfettamente compatibili con
l’allattamento al seno
Come tutti gli interventi medici, l’analgesia epidurale comporta benefici, ma anche alcuni rischi ed effetti collaterali negativi, che è necessario conoscere e valutare per decidere se fare ricorso o meno a questa tecnica.
Spesso l’analgesia induce nella
partoriente un calo di pressione, che la costringe a trascorrere il
travaglio distesa a letto e le impedisce di camminare o di scegliere
posizioni alternative in grado di favorire la discesa del bambino nel
canale del parto.
Eliminando o riducendo
fortemente lo stimolo doloroso, l’epidurale altera i meccanismi
ormonali del travaglio: blocca la secrezione delle endorfine,
gli analgesici naturali prodotti dal nostro organismo, e riduce la
produzione dell’ossitocina, tanto che spesso è necessario
somministrare questa sostanza per stimolare le contrazioni.
Se durante l’esecuzione l’ago
punge accidentalmente la membrana durale, cioè quella che racchiude il midollo spinale, può
insorgere dopo il parto una forte cefalea, della durata di alcune ore
o di alcuni giorni, che costringe la donna a letto, perché la guarigione
avviene spontaneamente con la posizione supina prolungata. Si tratta
comunque di un’eventualità rara, che si verifica nello 0,1% dei casi.
Il ricorso all’epidurale è
associato a una maggior frequenza di parti operativi, cioè all’utilizzo della ventosa
e alla manovra di Kristeller, cioè la spinta manuale che si
effettua sul fondo dell’utero per aiutare il piccolo a uscire. Questa
associazione, però, è dovuta in parte al fatto che l’analgesia viene
offerta più frequentemente proprio nei casi complicati in cui si prevede
un parto operativo.
Il parto in analgesia non
richiede la presenza continua dell’ostetrica e può accadere che la futura
mamma si trovi a vivere l’esperienza del travaglio in una condizione di
solitudine. Al contrario, le donne che hanno stabilito un rapporto di
confidenza con l’ostetrica che le segue affrontano il travaglio e il parto
con maggior fiducia nelle proprie risorse e meno ansia e timori. Per
questo chiedono più raramente l’epidurale.
Nel nostro paese,
partorire limitando i dolori è molto difficile. L'analgesia epidurale, infatti,
che consente alla donna di vivere in piena normalità il travaglio, ma cancella
i dolori del parto è garantita soltanto dal 16 per cento delle strutture
ospedaliere pubbliche e convenzionate, a fronte del 90 per cento di richieste
fra le partorienti.
A dispetto del ritardo nella sua applicazione, l'Italia si trova in realtà
all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, come ricorda il prof. Giorgio Capogna, : “in Europa il
nostro è il primo paese a introdurre la nuova tecnica PIEB associata alla PCEA.
Le nuove tecniche permettono alla donna di ottenere un effetto di analgesia
costante e di personalizzare la somministrazione dell'analgesico a seconda
delle proprie esigenze. Vengono così evitati anche i brevi momenti di dolore
che potevano insorgere con la tecnica epidurale tradizionale, quando la
partoriente doveva attendere l'intervento del medico per ricalibrare la dose di
analgesico”.
In realtà, l'anestesia epidurale non si limiterebbe ad alleviare il dolore
durante il parto. Stando ai risultati di uno studio australiano, l'epidurale
aiuterebbe a preservare i muscoli pelvici da eventuali sofferenze a carico
dell'apparato genitale che successivamente potrebbero provocare problemi di
incontinenza nella donna. La ricerca, condotta dalla Nepean Clinical School of Medicine di Sidney, in Australia, ha
seguito 367 donne che hanno partorito fra il 2005 e il 2008.
Circa un terzo di esse erano ricorse al parto cesareo e non avevano avuto
problemi di rilassamento muscolare. Fra quelle che avevano optato per il parto
naturale senza anestesia, oltre il 30 per cento ha poi sofferto di problemi
muscolari e di incontinenza, soprattutto nel caso in cui il parto si fosse
protratto a lungo richiedendo uno sforzo fisico notevole alla donna.
Gli scienziati australiani hanno verificato il beneficio dato dall'anestesia
epidurale, che rilassa il corpo della donna dalla vita in giù, consentendo di partorire
senza provare quel forte dolore fisico
tipico del parto naturale. Secondo Clara
Shek, la ragione del beneficio starebbe nella riduzione degli sforzi non
necessari, in quanto le donne, non avvertendo le contrazioni, spingono soltanto
dietro richiesta del medico. Inoltre, l'anestesia produrrebbe un cambiamento
nei muscoli che condurrebbe a un rafforzamento degli stessi, anche se non se ne
conoscono ancora i meccanismi. L'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna
(O.N.Da) sta lavorando affinché
la parto analgesia diventi un effettivo diritto, inoltre
l'Associazione Italiana Parto in
Analgesia (Aipa) sostiene una petizione per la raccolta
di firma “per far sì che tutti
gli enti ospedalieri siano indotti dal ministero della Salute
ad accogliere la richiesta delle
donne partorienti alla scelta della parto analgesia”. L’obiettivo non e'
quello di imporre tale modalità di parto, ma di fornire maggiori informazioni e
permettere alla donna di scegliere come partorire.
Il ricorso all'anestesia
epidurale cambia l'alternarsi delle varie fasi del travaglio, operando tuttavia
una modificazione che non risulta dannosa nei confronti della donna e del
bambino. Lo ha stabilito un teamdi ricerca italiano dell'ospedale
Fatebenefratelli all'Isola Tiberina di Roma, che ha firmato in
collaborazione con La Sapienza di Roma e con la Scuola di Medicina
dell'Ospedale di Hammersmith di Londra un resoconto scientifico sulla rivista
Obstetrics and Gynaecology Research.
La ricerca ha riguardato un campione di 600 donne non sottoposte a taglio
cesareo, al primo parto e con gravidanza singola. Stando ai dati, l'epidurale
accorcerebbe in maniera significativa la prima parte del travaglio, quella che
gli esperti definiscono “dilatante”, mentre tende ad allungarne la seconda,
detta “espulsiva”. Giovanni Larciprete,
ginecologo presso l'Isola Tiberina, commenta: “questo nuovo questo nuovo andamento del travaglio non è da
considerarsi dannoso, ma andava analizzato e codificato. Inoltre, ci dà la conferma
che l’anestesia peridurale non provoca aumento di parti cesarei.